Expo Milano 2015: the ultimate disaster guide

Qualcosa già mi diceva che non sarebbe stata nabbella esperienza.

Non saprei dire cosa, la classica “vocina” piuttosto che la tipica sensazione a pelle che ti fa partire controvoglia.

Già il fatto che in rete circolassero poche e veritiere recensioni sull’Esposizione Universale 2015, era foriero di cose negative.

Qualche immagine e qualche commentuccio negativo ha cominciato a girare sul web soltanto ad estate inoltrata.

In quel periodo le mie ricerche su internet mi rimandano ai tantissimi travel blog pieni di informazioni utili, consigli ecc.

Mi faccio motivare proprio da questo aspetto: cavolo ho anch’io un blog e all’Expo CI DEVO ANDARE.

Avremmo viaggiato in gruppo e, dopo un breve briefing, decidiamo di optare per una partenza intelligente stabilita per fine settembre. Che idea vincente.

Una bella furbata “andata a male” per via del fatto che abbiamo tutti  fatto la stessa pensata!

I mesi di luglio/agosto sono stati troppo caldi e, fare la fila sotto quel sole, sarebbe stato un suicidio.

“Siii andiamo a fine settembre quando ormai l’ondata di visitatori si è già esaurita!”

Le classiche ultime parole famose. Un disastro completo.

A partire dal meteo che è stato caldissimo nelle ore centrali della giornata e molto freddo la sera. Almeno, per fortuna, non ci si è messa anche la pioggia.

Expo 2015 doveva (nelle intenzioni degli organizzatori) essere concepito in funzione delle tematiche “nutrire il pianeta”, “no allo spreco del cibo” ecc ecc.

L’unico spreco che ho visto è stato lo spreco di tempo durante le file.

Ecco, Expo 2015 è stata per me l’Esposizione Universale della FILA.

File ovunque: per entrare, per entrare nei singoli Padiglioni, per cercare qualcosa da mangiare (ebbene si!), per andare al wc, per USCIRE e finanche per prendere un taxi. Credo che se avessi voluto mandarli affancxxx avrei dovuto affrontare ugualmente una nutrita fila.

Come gli organizzatori hanno realizzato l’Expo

Quest’immagine incarna perfettamente quello che è stato Expo: un perfetto impiastro di contenuti messi a cacchio.

Mi vergogno tantissimo ad ammetterlo: in due giorni e mezzo ho visto soltanto 6 Padiglioni.

Vi basti pensare che per visitare il Padiglione Italia sono entrata in fila alle 15:00 per trovarmi all’interno di Palazzo Italia alle 20:00.

Praticamente sono entrata che avevo 12 anni e sono uscita a 38.

Mi sono aggirata fra le minkiate degli interni con lo stesso stordimento del jet lag, dico sul serio!

Quando abbiamo visto l’inizio della fila, che cominciava praticamente a metà Decumano, per una sorta di “patriottismo” ci siamo motivati a vicenda e abbiamo deciso di puntare ugualmente verso Palazzo Italia.

Con il senno di poi… mi sento di dare completamente ragione a Sgarbi, non so se avete sentito come ha metaforicamente definito il Padiglione Italia, andatelo a cercare sul web!

Ebbene dopo quasi 5 ore di fila con schiena, gambe e psiche a pezzi, entriamo nel Padiglione che dovrebbe rappresentarci nel Mondo, per ammirare il NULLA.

Per chi ancora non fosse stato all’Expo il mio vivissimo consiglio è di non fare assolutamente alcuna fila per entrare nei Padiglioni.

Guardateli, ammirateli e fotografateli da fuori ché sono bellissimi.

Piuttosto fate le file per mangiare ed assaporare i cibi tipici di altri Paesi ma i Padiglioni no, lasciate perdere.

Privi di qualsiasi contenuto interessante per cui valga la pena di stancarsi in ore di fila.

 

PADIGLIONI in realtà sta per: Pa(R)di(CO)glioni.

Bastava avere un po’ di infarinatura di enigmistica/rebus/anagrammi ecc ed alla soluzione del mistero ci saremmo arrivati tutti.

Anzi, prossimamente mi aspetto uno special di Giacobbo sul “Mistero dell’Expo alla ricerca dei contenuti dei Padiglioni”.

Altro modo con il quale gli organizzatori hanno tentato di far passare messaggi subliminali è stata quella grande CAGATA della mascotte FOODY!

Insomma dico davvero, senza giri di parole diplomatiche, non affannatevi ad entrarci. Andate ad Expo per mangiare e divertirvi.

E se proprio non potete resistere al fascino dei PADICOGLIONI, almeno affidatevi a questa mia personale e brevissima classifica, rigorosamente in ordine di scarsezza:

 

al primo posto dei Padiglioni da evitare c’è l’Argentina: vi troverete a fare la fila salendo una sorta di rampa, tipo quella dei garage/parcheggi multipiano, ammirando dall’alto (con invidia) i visitatori che invece, intelligentemente, hanno preferito fare la fila al ristorante.

Buonissimi i profumi e la vista sui piatti con le carni tipiche. L’interno del padiglione è abbastanza spoglio: qualche ingegnoso meccanismo di legno e pareti e pareti e pareti e ancora stecaxxo di pareti con le videoproiezioni in loop. Fermatevi a mangiare al ristorante e basta!

Al secondo posto il Padiglione del Turkmenistan: in piena linea con lo stile dei Paesi di quelle longitudini.

Sfarzo, pseudolusso e scenografie che tentano di colpire l’occhio. Nulla di che, siamo riusciti a visitarlo perché la fila era scarsa (poi ci siamo resi conto del motivo).

Al terzo posto il Padiglione Italia: struttura avveniristica, sembra l’interno di un’astronave o un qualcosa di futuristico ma contenuti pressoché inutili ed insignificanti.

Al quarto posto il Padiglione 0: quanta aspettativa in questa struttura! Le solite gigantografie di cibi che scendono dall’alto, plastici di animali messi a caxxo, cumuli di immondizia a simulare una discarica ecc.

Le uniche due cose belle erano l’ingresso, davvero d’impatto, e l’attraversamento esterno con la chioma dell’albero (finto) che spunta dal pavimento.

Un classico di tutte le file era il “Vip Moment”, ossia si veniva “garbatamente” messi da parte al passaggio di un codazzo di giacche blù con il ministro/imprenditore/vip di turno.

Tornando alla classifica, il quinto posto è occupato dal Padiglione Russo ma, non per meriti intendiamoci, piuttosto perché meno scarso e più organizzato degli altri.

Bello l’escamotage di intrattenere la fila con il mega specchio sul soffitto del padiglione.

Tutti con il naso all’insù a scattare selfie superdeformed. Quello della Russia è stato l’unico Padiglione in cui abbiamo visto personale che spiegava, intratteneva e “cibava” i visitatori. Bello il lounge in cui gustare Beluga e caviale.

Al sesto posto il padiglione della Turchia.

Praticamente quello che mi è piaciuto di più: aperto, libero, con qualche particolarità in più tipo riproduzioni di oggetti tipici, cibo e, soprattutto, senza fila!

Sempre a proposito di file, fate attenzione ad individuare il punto esatto dove iniziano le code.

Tanto per farvi capire la disorganizzazione, ci siamo messi in coda con tantissima gente per visitare il Padiglione Austria.

Ebbene, dopo quasi tre quarti d’ora, arriviamo in un punto del perimetro della struttura in cui un’addetta ci urla contro che la fila cominciava da tutt’altra parte!

Facciamo il giro e… BAAAHM fila chilometrica a quadrupla serpentina che aggirava il Padiglione. Vabbeh rinunciamo. Padiglione del Giappone? I trend dicono che vada per la maggiore, dai visitiamolo!

Ci sentiamo rispondere direttamente da Madame Butterfly in kimono che l’attesa era di 6 ore. SEI ORE?! Va bene dov’è la sala parto? File, file dappertutto.

E vogliamo parlare delle fantastiche scenografie di Dante Ferretti? Si è proprio espresso lo scenografo premio oscar!

Maiali vivi e maiali sventrati, caciocavalli, salami ed un esercito di soldati del cibo talmente ridicoli da essere immediatamente scritturati per affiancare Banderas negli spot del Bulino Bianco.

Ma questo genio italiano di livello internazionale si doveva perdere proprio in occasione di Expo? E l’albero della vita?

Durante le 5 ore di fila per entrare nel Padiglione Italia ho avuto occasione di osservarlo per bene, sia negli spettacoli diurni che notturni.

L’albero della vita rimane “piacente” fin quando non si accenda con luci intermittenti a ritmi da sincope o si riempie di fiorelloni enormi e pacchiani.

Per non parlare di quella specie di gagliardetto gigante con i colori italiani.

Ma davvero vogliamo apparire così agli occhi dei visitatori mondiali? Mi dissocio.

Veniamo al triste capitolo cibo. Vorrei tanto non aprire questo libro ma a qualche avventore servirà pure la mia esperienza?!

Evitate, se potete, quelle che simpaticamente vengono chiamate le “stecche” ossia quegli edifici (CIR FOOD) stretti e lunghi totalmente costruiti in legno.

Ce ne sono diversi sparsi in tutta la cittadella Expo ma resistete al richiamo.

Sono corredati di ogni genere di “comfort”: dai bagni alla parafarmacia, dalla stazione dei carabinieri alle caffetterie, fino ai ristoran… ehm mense dei poveri.

Queste “stecche” sono circondate da delle trappole acquatiche che hanno mietuto diverse vittime nel corso di questi mesi.

Si tratta di un perimetro realizzato a mo’ di vasca, con circa 30 cm d’acqua NON segnalata e NON protetta da argini. Ammettetelo… quanti di voi ci sono cascati con entrambi i piedini?

Cibo da mensa aziendale e prezzi da uranio impoverito al mercato nero.

Avviliti e scoraggiati dalla pasta scotta e dalla cotoletta cruda (e a chi mi dovesse schernire dicendo che tristezza… vai all’Expo e mangi spaghetti e cotoletta, rispondo che a momenti neanche quelli beccavo!) per la sera optiamo per una più internazionale e rassicurante pizza.

 

Riflettiamo sul fatto che anche se non DOC, trattasi sempre di farina, acqua, pomodoro e mozzarella che, combinati insieme, dovrebbero restituirci una pizza quanto meno commestibile.

Così ci dirigiamo verso una pizzeria non proprio a vista, di fianco al Padiglione dell’Iran. Tutto sommato buonicchia: ci riempiamo la panza con una margherita dello spessore dell’intelletto di Flavia Vento e, tanto per cambiare, ci mettiamo in fila per uscire dall’ingresso Merlata, portando con noi tanta stanchezza, delusione e un unico souvenir!

 

La fila per l’uscita

E non finisce qui.

A corredare l’avventura milanese, potevamo alloggiare in una struttura “normale”? Certo che no!

Il nostro hotel era ubicato nel quartiere cinese: bar, tabacchi, supermercati e pizzerie TUTTE cinesi.

Ma i trans no, quelli erano di tutt’altra etnia…

Nulla da dire per carità ma invece di Milano ci sembrava China Town.

Lo stesso hotel era gestito da cinesi. Siamo arrivati leggermente in anticipo sull’orario stabilito dal check in e troviamo un inserviente cinese che ci accoglie visibilmente in difficoltà con la lingua italiana.

Si esprimeva a gesti e l’unica sillaba che sapeva pronunciare era “ok”.

Ebbene il nostro Ok-Chan, per gli amici Ok-Man rispondeva, appunto, OK ad ogni cosa o frase che pronunciassimo: possiamo fare il check in? OK!

Quando arrivano i titolari? OK!

Saliamo in camera, dov’è l’ascensore? OK!

Possiamo soggiornare gratis? OK!

E la camera… camera: una EX singola o un EX sgabuzzino adattato a matrimoniale; essendo i cinesi di corporatura piccola e minuta, forse hanno utilizzato il loro standard per realizzare le camere e ci sta, ma così è proprio troppo!

EXPOI?

Matrimoniale modello Hobbit
Natura Morta
Nutrire il Pianeta
Dante Ferretti’s SceMografie
Una piccola parte della fila per Padiglione Italia
Gli interessanti contenuti del Padiglione Italia
Patriottismo pacchiano
Selfie in stile Hannibal-Padiglione Russia
L’unico souvenir
Un EX-PO’ stanca

 

orsanelcarro

Daniela, per gli amici Orsa. Per i nemici destrOrsa. Amo esplorare edifici abbandonati e omaggiare monumenti e memoriali di guerra.

In questo blog i commenti sono in moderazione

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.